La contessina, Venezia, Fenzo, 1743

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di Pancrazio.
 
 PANCRAZIO e LINDORO
 
 Pancrazio
 Vieni fra le mie braccia, amato figlio,
 ma no, degno non sei
 della mia tenerezza. All’amor mio
 non corispondi no. Sei giorni sono
5che in Venezia sei giunto ed oggi solo
 a me veder ti lasci? Ah figlio amato,
 quanto piansi per te! Sei un ingrato.
 Lindoro
 Padre, amor fu cagione
 della mancanza mia.
 Pancrazio
                                        Ma se Cupido
10ha ferito il tuo cor, perché non dirlo?
 Sai pur quanto ch’io t’amo;
 sai pur ch’io solo bramo
 di vederti contento.
 Lindoro
 Purtroppo a mio rossor me lo rammento.
 Pancrazio
15Chi è la bella che adori?
 Lindoro
                                              Ella è la figlia
 del conte Baccellone.
 Pancrazio
                                        Ohimè! Conosco
 del villano rifatto
 la superbia, la boria ed il maltratto.
 T’ama la contessina?
 Lindoro
                                         Anzi m’adora;
20però non mi conosce.
 Pancrazio
                                         Oh bella!
 Lindoro
                                                            Io dico
 ch’ella non mi conosce per Lindoro,
 di Pancrazio figliuolo; ella mi crede
 cavalier milanese
 ch’abbia il titolo illustre di marchese.
 Pancrazio
25Come facesti ciò?
 Lindoro
                                   Ci ritrovammo
 nel burchiello di Padoa, a caso, insieme.
 La contessa mi piacque e in lei veggendo
 predominar un certo fasto altero,
 mi finsi, per piacerle, un cavagliero.
30Il padre suo, cui diedi
 titoli in quantità superlativi,
 invitommi al suo alloggio; amor mi fece
 il partito accettar; la contessina
 mi diè segni d’amor, mi vuol suo sposo
35e l’acconsente il padre suo; ma entrambi
 credonmi cavaliero ed a momenti
 n’attendono le prove a lor promesse.
 Padre, ricorro a voi; deh voi, che amate
 l’unico vostro figlio,
40porgetemi il soccorso ed il consiglio.
 Pancrazio
 Ecco pronto il consiglio, ecco il soccorso;
 io son mercante, è ver, ma ricco sono;
 potriano alle tue nozze
 molte figlie aspirar di sangue illustre,
45a Baccellone chiederò la figlia
 per te, non dubitar.
 Lindoro
                                       Ma se la niega?
 Deh! Non mi discoprite inanzi tempo.
 Deh! Salvatemi almen.
 Pancrazio
                                             T’achetta. Io sono
 di te più vecchio e più sagace; anch’io,
50figlio, ne’ giorni miei
 giovine e amante fui come tu sei.
 
    De’ giorni felici
 ricordomi ancor.
 Brillavami il cor.
55Bollivami il sangue;
 or tutto mi langue,
 più quello non son.
 
    Mi resta peraltro
 purgato il consiglio.
60Rimettiti o figlio,
 vedrai la ragion. (Parte)
 
 SCENA II
 
 LINDORO solo
 
 Lindoro
 E poi critica il mondo
 il tragico poeta
 che inamorar fa due persone in scena.
65Ciò si può dar purtroppo ed io son quello
 che ne fe’ l’esperienza in un burchiello.
 
    Vidi appena il vago volto
 della bella mia diletta
 che m’ha colto la saetta
70del bendato dio d’amor.
 
    Restai preso in quel momento
 dall’ignoto occulto laccio
 e già sento, se più taccio,
 lacerarmi in seno il cor.
 
 SCENA III
 
 Cortile del conte.
 
 La CONTESSA, GAZZETTA e servi
 
 Contessina
75Eh là, servi ignoranti,
 precedetemi entrambi ed inchinati
 fate spalliera alla padrona vostra.
 Dammi braccio, Gazzetta.
 Gazzetta
                                                  Ai so comandi,
 lustrissima, son pronto.
 Contessina
                                              Eh dimmi, dimmi;
80vedesti tu quel cavalier lombardo
 come fissò nelle mie luci il guardo?
 Gazzetta
 Se l’ho visto! El pareva
 gatto maimon che fa la cazza al sorze.
 Contessina
 E quel giovin mercante.
85Quanto gli occhi fissò nel mio sembiante!
 Gazzetta
 El stava là come una barca in secco.
 Contessina
 Ma vi vuol altro. Un mercantuccio amante
 non è per me; non è per il mio grado
 un cavalier di nobiltà mezzana;
90io nacqui dama e morirò sovrana.
 Gazzetta
 Certo se fusse un re, alla mia patrona
 mi el scettro ghe darave e la corona.
 Contessina
 Quanto rider mi fanno
 certe donne plebee che voglion farla
95da signore di rango.
 Si vede ch’io non son nata dal fango.
 Gazzetta
 Eh se vede in effetto
 che l’è nata tra l’oro e tra el zibetto.
 Contessina
 Guarda se non m’inganno; ah sì gli è desso;
100è il marchesin mio caro;
 oh questo sì ch’è degno
 dell’amor mio. Vanta fra’ suoi maggiori,
 ricchi d’immense entrate,
 seicento e più persone titolate.
 Gazzetta
105Schienza! Co l’è cusì la compatisso.
 So el mio dover al par di chi se sia.
 Daggo liogo alla sorte e vaggo via. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 CONTESSINA, poi LINDORO
 
 Contessina
 Ehi Lesbin, ehi Taccone; ite, alla porta
 il marchese che giunge ricevete.
110Sapete il dover vostro o nol sapete?
 Ah per una mia pari,
 che tutto il galateo ritiene in mente,
 è cosa da morir con questa gente.
 Lindoro
 Contessina, m’inchino.
 Contessina
                                             Addio marchese.
 Lindoro
115Permettete ...
 Contessina
                            Anzi sì.
 Lindoro
                                            Che bella mano!
 Contessina
 Da tanti e tanti sospirata invano.
 Lindoro
 Ed a me si concede
 favor sì segnalato?
 Contessina
 A voi che siete un cavalier bennato.
 Lindoro
120(Oh se mi conoscesse!) E se non fossi
 adunque cavalier?
 Contessina
                                     De’ miei sospiri
 degno voi non sareste; io vi odierei.
 Lindoro
 Vi scordereste dell’amor...
 Contessina
                                                  Che amore?
 Non ho sì vile il core.
125Più tosto morirei
 che far un sì gran torto agli avi miei.
 Ma parliam d’altro. Voi nobile siete,
 non è così?
 Lindoro
                        Senz’altro. Il dissi già.
 (Vuol durar poco la mia nobiltà).
130Dormiste ben nella passata notte?
 Contessina
 Ah!
 Lindoro
           Sospirate?
 Contessina
                                 Sì.
 Lindoro
                                         Ma perché mai?
 Contessina
 Sospirando e tacendo io dissi assai.
 Lindoro
 Ohimè.
 Contessina
                  Caro che avete?
 Lindoro
 Nulla.
 Contessina
               Ma pure a sospirar vi ascolto.
 Lindoro
135Quando vi dissi ohimè, vi dissi molto.
 Contessina
 Ah v’intendo, v’intendo.
 Lindoro
                                               Ah, sì, capisco,
 cara, del vostro cor la bella face.
 Voi siete il mio tesor.
 Contessina
                                          Voi la mia pace.
 Lindoro
 Ma dove, contessina,
140andavate sì tosto e sì soletta?
 Contessina
 Dirò; prima mi aspetta
 la marchesa Fracassi, indi m’attende
 la prencipessa dell’Orgasmo. Io devo
 poi visitar la cavagliera Altura,
145indi dalla duchessa mia cugina
 andavo a terminar questa mattina.
 Lindoro
 Se mi date licenza,
 vi servirò da queste gran signore.
 Contessina
 Oh caro marchesin, mi fate onore.
 Lindoro
150Ecco la man.
 Contessina
                          Scusate, è netto il guanto?
 Lindoro
 Lo misi appunto adesso.
 Contessina
 Da vero, io vi confesso
 che se toccassi un guanto poco netto
 mi sentirei tutto sconvolto il petto.
 Lindoro
155Che cosa delicata!
 
 SCENA V
 
 Il CONTE e detti
 
 il Conte
                                    Oh! Contessina,
 che fate qui?
 Contessina
                           M’inchino al conte padre.
 Diverse dame a visitar stamane
 impegnata son io.
 il Conte
                                    Ma come, a piedi?
 Contessina
 La gondola non v’è; disse Gazzetta
160ch’ella è a conciar.
 il Conte
                                    E ben, restate in casa.
 Inarcheria Venezia
 stupefatta le sue liquide ciglia
 a piedi rimirando una mia figlia.
 Che ne dite, marchese?
 Lindoro
                                              Anch’io l’approvo.
165Non è dover.
 il Conte
                           Io so come si vive
 e so che il basso mormorante volgo
 in noi nobili e grandi
 fissando gli occhi suoi
 impegnati ci rende a far da eroi.
 Lindoro
170E veramente il conte Baccellone,
 la di cui nobiltade in alto sale,
 un eroe può chiamarsi originale.
 il Conte
 Vuo’ parlarvi, marchese. Contessina,
 ritiratevi tosto.
 Contessina
                               Io v’obbedisco.
 Lindoro
175(Bella, moro per voi).
 Contessina
                                          (Per voi languisco).
 
    M’inchino al conte padre;
 son serva al marchesin.
 (Che volto peregrin,
 che bella grazia!
 
180   Ha due pupille ladre,
 ha un labbro che inamora.
 Ah! Di mirarlo ancora
 io non son sazia).
 
 SCENA VI
 
 Il CONTE e LINDORO
 
 il Conte
 Chi nasce grande ha la virtude infusa.
185Or fra l’altre virtudi,
 che adornano l’illustre mente mia,
 evvi l’astrologia. Conosco appieno
 il vostro cor. Io dalle vostre ciglia
 conosco che adorate la mia figlia.
 Lindoro
190Ah! Signor...
 il Conte
                          Marchesin, non arrossite.
 La contessa mia figlia aspirar puote
 ad un prencipe, a un duca e forse a un re;
 ma voi piacete a me,
 onde a voi la destino.
 Lindoro
195Conte, grazie vi rendo e a voi m’inchino.
 il Conte
 Bacciatemi la mano.
 Lindoro
 Ecco la baccio col maggior rispetto.
 il Conte
 Per mio genero e figlio ora vi accetto.
 Oh quanti invidieranno
200in voi la bella sorte
 d’aver una mia figlia per consorte.
 
 SCENA VII
 
 GAZZETTA e detti
 
 Gazzetta
 Lustrissimo.
 il Conte
                          Che vuoi?
 Gazzetta
                                               Gh’è ’l sior Pancrazio
 che inchinar se vorria.
 il Conte
                                            Che vuol costui?
 Quanto malvolontieri
205tratto con questi vili uomini abbietti;
 non san la civiltà; digli che aspetti.
 Lindoro
 (Oh, se sapesse ch’è mio padre!)
 il Conte
                                                              Adunque
 attenderò del vostro illustre grado
 le già promesse prove.
 Lindoro
210Io discendo da Marte.
 il Conte
                                           Ed io da Giove.
 Lindoro
 Deh piacciavi a Pancrazio
 non differir l’udienza.
 Dalla contessa andrei.
 il Conte
                                           Vi do licenza.
 Venga l’uom plebeo!
 Gazzetta
215Oh che muso badial da cicisbeo. (Parte)
 Lindoro
 Finalmente un mercante
 non è poi tanto vil.
 il Conte
                                     Tutti son vili
 a paragon di noi; le genti basse
 sono invidiose, prosontuose o ladre.
 Lindoro
220(Bella risposta ottenirà mio padre). (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 Il CONTE, poi PANCRAZIO
 
 il Conte
 Costui che mai vorrà? Avrà bisogno
 della mia protezione;
 prottegge tutti il conte Baccellone.
 Pancrazio
 M’inchino al signor conte.
 il Conte
                                                  Addio mercante.
 Pancrazio
225(Bel complimento).
 il Conte
                                       Dite, che volete?
 Bacciatemi la veste ed esponete.
 Pancrazio
 (Maledetta superbia). Grazie, grazie,
 di un onor così grande io non son degno.
 il Conte
 Io son chi sono e pur d’ognun mi degno.
 Pancrazio
230Effetto di bontà; dunque in bon grado
 accetterà un’offerta o per dir meglio
 un’instanza ch’io porto...
 il Conte
                                               Eh no; dovete
 una supplica dir.
 Pancrazio
                                  Come comanda.
 il Conte
 Offerte a me? Sarebbe un’insolenza.
 Pancrazio
235(Adesso adesso io perdo la pazienza).
 il Conte
 Su via parlate, via, che non ho tempo
 da perdere con voi.
 Pancrazio
                                      Tosto mi sbrigo.
 Voi avete una figlia.
 il Conte
                                       Che asinaccio!
 Io ho una contessina illustre figlia,
240illustrissima figlia.
 Pancrazio
                                     Ed anco altezza
 dirò, se comandate.
 il Conte
 Questo titolo invan voi non gettate.
 Pancrazio
 Ed io pure ho un figliuolo.
 il Conte
                                                  Un bottegaro,
 ignorante, plebeo, senza creanza.
 Pancrazio
245(Mi vien voglia di dargli un piè in la panza).
 il Conte
 Via, che volete dir?
 Pancrazio
                                      Doppo cotante
 sue gentili espressioni
 inutil veggo andar più avanti.
 il Conte
                                                        Ed io
 voglio che terminiate.
 Pancrazio
250Lo dirò adunque...
 il Conte
                                     Via.
 Pancrazio
                                               Dunque ascoltate.
 La vostra contessina illustre figlia,
 la illustrissima figlia io vi domando,
 per far un imeneo
 fra essa e il mio figliol vile e plebeo.
 il Conte
255Ah prosontuoso, ah temerario! A forza
 trattengo di lordar le scarpe mie
 nella schienaccia tua. Quest’è un affronto
 che soffrir non si può. Servi, canaglia,
 ove siete, venite. Io da un balcone
260vorrei farti cacciar.
 Pancrazio
                                      Piano di grazia,
 non tanta furia, signor conte mio;
 si sa ben chi voi siete e chi son io.
 il Conte
 Tu sei un mercenario, io cavaliero.
 Pancrazio
 Cavaliero di quei da dieci al soldo,
265fatto ricco facendo il manigoldo.
 il Conte
 Vecchio, ti compatisco; rimbambisci,
 non sai ciò che ti dici.
 Pancrazio
                                          Io so che alfine
 vi perderei del mio dando un figliuolo
 sì ricco e sì ben fatto
270ad una figlia d’un villan rifatto.
 il Conte
 Rider mi fai, povero babuino.
 Non sai che la contessa
 degna prole del mio nobile tralcio
 fu richiesta in consorte
275da prencipi e da duchi?
 Va’, che il padre tu sei de’ mamaluchi.
 
    Mia figlia ah ah!
 Pretender oh oh?
 Tuo figlio, uh uh?
280Va’ via torlulù.
 Villano, baggiano
 da rider mi fa.
 
    Rammenta chi sono,
 rammenta chi sei.
285Punirti dovrei
 ma al sangue perdono
 la tua inciviltà. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 PANCRAZIO, poi la CONTESSINA
 
 Pancrazio
 Oh villan maledetto! Io voglio certo
 vendicarmi di te.
 la Contessina
                                   Elà buon vecchio.
 Pancrazio
290Che volete da me cattiva giovine?
 Contessina
 Siete voi quell’audace
 che me chiese per moglie a vostro figlio?
 Pancrazio
 Illustrissima sì.
 Contessina
                                Brutto asinone,
 una mia pari al figlio d’un mercante!
 Pancrazio
295Merta ella veramente un uom regnante.
 Contessina
 Lo merito sicuro.
 Pancrazio
                                  E ben, la sorte
 farà giustizia al merto senza pari.
 Sposerà il re di cope o di denari.
 Contessina
 Petulante, a me scherni?
 Pancrazio
                                                Oh si figuri,
300anzi venero e adoro
 della sua nobiltà l’alto tesoro.
 Contessina
 Voglio soddisfazion.
 Pancrazio
                                       Che mai pretende?
 Contessina
 Vuo’ che pubblicamente
 dite che vostro figlio
305delle mie nozze non sarebbe degno.
 Pancrazio
 Illustrissima sì, farlo m’impegno.
 Contessina
 
    A una dama qual io sono
 tal ingiuria non si fa.
 
 Pancrazio
 
    Illustrissima perdono;
310ho fallato in verità.
 
 Contessina
 
    Compatisco.
 
 Pancrazio
 
                             Non è poco.
 
 Contessina
 
 Vi fo grazia.
 
 Pancrazio
 
                         Che bontà!
 
 Contessina
 
    Io son dama e tanto basta.
 
 Pancrazio
 
 Dama voi?
 
 Contessina
 
                       V’è chi il contrasta?
 
 Pancrazio
 
315V’è chi il dubita o nol sa.
 
 Contessina
 
    Chi il mio grado non conosce
 guardi attento il volto mio;
 questo fasto, questo brio
 qual io son pubblicherà.
 
 Pancrazio
 
320   Ohimè mi... mi vien la tosse.
 Oh! Che brio, che nobiltà.
 
 Fine dell’atto primo